“Da inizio novecento i miei avi vivevano al podere Aiole, fra Montalcino e l’Abbazia di S. Antimo. Per acquistarlo avevano pagato 7 lire. All’Aiole il bisnonno Giovanbattista e la sua famiglia allevavano vitelli, vacche, maiali, pecore, animali da cortile di ogni specie, coltivavano le viti e gli ulivi e non ultimo avevano una piantagione di zafferano. Come in tutti i poderi circostanti era usanza che, una volta a settimana, passasse il troccolone. Era un personaggio molto popolare che arrivava con il barroccio carico di ogni mercanzia. All’Aiole ci passavano due: Marcoccio e la Calabresa Maria. Vendevano o meglio barattavano l’acciughe, l’aringhe, il baccalà con le uova, il formaggio, le pelli di coniglio e lepre (i Pecci so stati tutti grandi cacciatori), le piume delle nane e dei loci, lo zafferano essicato che a Montalcino era prodotto in tanti poderi. Iniziavano estenuanti contrattazioni fra il commerciante delle campagne e la massaia. L’unica cosa sul cui valore non discutevano era lo zafferano che diceva Marcoccio: “profumato come il vostro un’esiste, bastano sei fili per fa la trippa alla montalcinese” (antichissimo piatto di Montalcino fatto con trippa di vitello e zafferano in bianco senza pomodoro). Di anni ne sono passati, dall’Aiole la famiglia s’è spostata al Podernuovo e poi a Montalcino, i bulbi e i loro eredi sono passati a Checco, a Enzo e poi a me ma ci hanno sempre seguiti e io, caparbio, seguo le solite pratiche colturali, produttive e conservative”.
Alessandro